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Dott.ssa Anna De Santo

Dott.ssa Anna De Santo

Le emozioni e il linguaggio

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Kenneth Dodge nel 1991 affermò che tutti i processi di elaborazione delle informazioni sono emozionali, l’emozione è l’energia che dirige, organizza, amplifica e modula l’attività cognitiva. Nella relazione comunicativa fra l’adulto e il bambino, il primo indirizza il secondo verso la scoperta delle emozioni dando loro un nome.

1. Emozioni e linguaggio: introduzione

Le emozioni, come il linguaggio, si sviluppano nel bambino secondo tappe ben definite.

Le emozioni sono innate e universali. Alla nascita, nei primi due mesi di vita, il neonato può avere reazioni di trasalimento per stimoli troppo intensi o risposte di pianto. Il pianto è già comunicazione e si differenzia nel tono e nell’intensità a seconda che il bambino provi a comunicare il suo bisogno di attenzione o di disagio.

A sei -dieci settimane compaiono le reazioni di sorpresa, a 3- 4 mesi compaiono quelle che sono le emozioni di base cioè la gioia, la tristezza e la collera. A 5 – 7 mesi si aggiunge la paura e la cautela, a 8- 9 mesi, si evidenzia la reazione di paura di fronte all’estraneo.

A un anno il bambino comincerà a interpretare le espressioni che compaiono sul volto dei genitori che si prendono cura di lui.

L’espressione facciale manifestata dal genitore, orienterà il comportamento del figlio, cioè il bambino imparerà ad affrontare le situazioni, guardando le espressioni del viso che accompagnano le azioni e le frasi pronunciate, come ad esempio, in questa situazione, quando il genitore dirà al figlio: “Attento! il biberon scotta! Aspetta, soffiamo per raffreddarlo!”.

Dopo il primo anno di vita emergono, insieme alle emozioni fondamentali, i sentimenti cioè le emozioni più complessi quali la timidezza, la vergogna, la generosità, il senso di possesso, il senso di colpa e altre ancora.

Il bambino imparerà a nominarle e a riconoscerle interiormente grazie alla continua verbalizzazione di queste emozioni da parte dell’adulto.

2. Emozioni e linguaggio: il processo empatico

Nel momento in cui il bambino ha 14 mesi ed è capace di chiedere e dare conforto ai fratellini, al papà, alla mamma che sono in difficoltà, significherà che sta cominciando il processo empatico, cioè si avvierà il riconoscimento per gli stessi sentimenti in sé stesso e negli altri.

Il processo empatico prosegue quando il bambino attiva comportamenti di aiuto e chiede l’intervento dell’adulto quando ne ha bisogno.

A tre anni capisce la differenza fra la realtà e la finzione e si divertirà tantissimo a fare il gioco del “fare finta di”. A questa età sarà molto utile giocare con i bambini a fare finta di accudire un bambolotto, curare un animale ferito, portare da mangiare agli scoiattoli nel parco, nominando le emozioni che tali situazioni possono evocare come il sorriso, il termine del pianto della bambola quando viene cullata, la paura dell’animale che si è ferito, la gioia dello scoiattolo che riceve le noccioline e altro ancora.

A quattro- cinque anni manifesterà altre emozioni fondamentali quali la gelosia l’invidia e l’ansia, inizierà a rendersi conto che c’è una differenza tra le emozioni che prova lui e le emozioni degli altri, imparerà così a prevedere le reazioni degli altri in situazioni specifiche che magari si ripetono anche nel tempo.

3. Frenare i processi di manipolazione: consigli

A sette-otto anni inizierà ad accorgersi che si possono provare anche emozioni contrapposte o più emozioni nella stessa situazione.

Conoscendo tutto ciò che accade nel bambino, durante il processo di crescita si comprende come sia importante lo scambio emotivo che si stabilisce tra il bambino e i genitori e tutte le persone che si prendono cura di lui.

Se i genitori rispondono in modo appropriato alle emozioni del bambino dandogli un significato, attribuendogli un’intenzione comunicativa ed emotiva, aiuteranno il proprio figlio a sperimentare delle cure protettive e sensibili. Si sentirà degno e meritevole di cure e sarà in grado di ricevere stimoli positivi e supporto emotivo anche da altre persone diverse dai genitori nelle situazioni che la vita gli presenterà. Alcuni bambini, con difficoltà di comunicazione o relazionali, fanno più fatica ad esprimere i propri sentimenti e a volte i loro genitori non sono in grado di aiutarli a gestire i sentimenti di frustrazione, rabbia o vergogna che provano. Altri, con caratteristiche sindromiche, fanno più fatica a sviluppare l’empatia e quindi non si rendono conto delle conseguenze dei loro atti o parole.

In tutti questi casi, è molto utile stimolarli con attività creative quali frequentare atelier di pittura, di disegno, imparare a prendersi cura delle piante a casa o in corsi di percorsi natura decisamente molto utili per i bambini. La musica e il canto, soprattutto per i bambini autistici ma anche per tutti gli altri, aiuta a costruire delle reti neurali emotive molto forti, il bambino si diverte e prova gioia! La danza che stimola la memoria, l’attenzione e pone l’accento sullo sviluppo della percezione corporea.

4. Conclusioni

Infine, per tutti i bambini con difficoltà di espressione linguistica o con sindromi, ritengo molto utile l’attività teatrale che permette di esprimere, con attenzione e capacità di memoria, sentimenti che può attribuire ad altri senza sentirsene sovrastato o imparare a denominare e riconoscere emozioni che non ha mai provato!

Emozioni, linguaggio ed arte riescono a far esprimere sentimenti nuovi e utili nella crescita armonica del bambino che se non espressi possono trasformarsi in emozioni negative e non gestibili.

Non dimentichiamo l’attività sportiva di qualsiasi tipo che permette di scaricare le tensioni emotive.

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Articolo realizzato da:
Dott.ssa Anna De Santo
Logopedista
4.5/5
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Anna Galbiati

Biologa nutrizionista e docente

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