“Mio figlio sembra essere tornato indietro. Vuole che lo imbocchi e non vuole che lo lasci all’asilo”.
I passaggi di sviluppo tra evoluzioni e crisi e il genitore come base sicura
1. Ha l’impressione che tuo figlio sia “tornato indietro”?
Quando i genitori si trovano di fronte ad un bambino che sembra essere tornato indietro, riguardo alle autonomie raggiunte, si sentono scoraggiati.
Inoltre, questo passo indietro li mette in difficoltà perché sembra che le esigenze dei figli e quelle dei genitori siano inconciliabili e ci si ritrova a lottare ogni mattina con le proteste del proprio bambino, che non vuole andare a scuola, mentre noi grandi dobbiamo andare al lavoro.
Nel mio lavoro di Pedagogista mi sono ritrovata molte volte ad affiancare i genitori che chiedono aiuto quando si trovano con queste difficoltà.
2. Figlio che sembra essere tornato indietro: perchè?
Per affrontare ciò con più consapevolezza è bene partire dagli studi sull’attaccamento.
Gli studi di John Bowlby evidenziano l’importanza della figura di riferimento o base sicura alla quale il bambino può tornare nei momenti di crisi, per riempire il proprio serbatoio emotivo. È come se il bambino si chiedesse: “Ho paura, ce la farò? Sono in grado?”
Concedergli un piccolo passo indietro, per restare un po’ in una fase precedente al suo sviluppo, come l’essere imboccato, può rassicurarlo e ridargli fiducia.
Infondo, anche a noi adulti è capitato che prima di affrontare un nuovo passaggio di vita, abbiamo avuto bisogno di un tempo per sentirci vulnerabili e proprio in quei frangenti che abbiamo chiesto aiuto, alla ricerca di un pò sicurezza. La ritrovata fiducia in noi stessi poi, ci spinge a fare quel salto, quel cambiamento e a superare quell’ostacolo.
Se invece di fronte alle sue richieste gli diciamo: “Smettila di fare i capricci! Sei capace di farlo da solo” ci allontaniamo dal suo sentire.
3. Cosa possiamo fare se nostro figlio sembra essere tornato indietro?
Lawrence J. Cohen afferma che “Per superare le paure abbiamo bisogno di trascorrere del tempo sul margine della paura” ad esempio per il bambino che non vuole andare all’asilo, occorrerà concedergli un po’ di tempo prima di affrontare la situazione, dando la possibilità al bambino esprimere le proprie emozioni, mentre noi possiamo semplicemente ascoltarle, anche senza dire nulla perché un bambino in ansia non ha accesso alla logica e quindi è molto difficile raggiungerlo con lunghe spiegazioni ad esempio riguardo all’importanza di andare a scuola.
La cosa invece che possiamo fare è essere consapevoli di come ci sentiamo noi adulti per capire come gestiamo noi, le nostre emozioni.
Ci sentiamo arrabbiati oppure proviamo un grande senso di frustrazione e dispiacere?
Se siamo arrabbiati, è molto probabile che obbligheremo nostro figlio a fare qualcosa che non vuole.
Se invece ci sentiamo sopraffatti dalle sue paure, è molto probabile che gli eviteremo di fare quell’esperienza.
4. Il ruolo dell’empatia quando tuo figlio sembra essere tornato indietro
In entrambi i casi, siamo troppo coinvolti per prendere decisioni lucide perché siamo completamente travolti dal turbinio di emozioni che quella situazione evoca in noi e rischiamo di non riuscire ad essere quella base sicura, ad offrire quella sicurezza emotiva e quella fiducia di cui il bambino ha bisogno per imparare a superare le sue paure.
È più efficace invece, dare il tempo a noi stessi e ai nostri figli di ritrovare il contatto con se stessi e il proprio sentire.
L’empatia ci aiuta a dare un nome ai vissuti, ad esempio, si potrebbe dirgli: “Ti senti proprio spaventato all’idea di tornare a scuola”. Inoltre, quanto più è piccolo e tanto più avrà bisogno di una presenza calma e rassicurante che il bambino possa contattare attraverso ad esempio: l’essere preso in braccio o il tenergli la mano o tutto ciò che può comunicargli sostegno emotivo, protezione e sicurezza.
5. Cresciamo insieme ai nostri figli
I bambini che si trovano sulla soglia della paura possono piangere, questo è qualcosa di sano, soprattutto se non sono lasciati soli di fronte alle proprie insicurezze ma sanno di poter contare su una persona accogliente e calma.
Di solito i bambini dopo aver pianto ed essersi sentiti rassicurati dalla nostra presenza sono pronti a tornare a mangiare da soli, a sorridere e a giocare molto più velocemente di quanto si creda.
I nostri figli sono venuti al mondo per insegnarci a crescere con loro, per farci riscoprire le emozioni e per empatizzare con esse.
Se lasciamo aperto il nostro cuore, scopriremo che prima di chiedere ai nostri figli di diventare grandi, bisogna assicurarsi di avergli lasciato sufficientemente tempo per essere piccoli, altrimenti rischiano di sentirsi: insicuri e sopraffatti dalle richieste degli adulti.
6. Regolare le richieste di un bambino che sembra essere tornato indietro
Crescendo nella relazione con loro, troveremo in ogni fase evolutiva un rinnovato equilibrio, tra il lasciare andare e il trattenere, ossia sapremo riconoscere quando è in grado di superare una crisi da separazione e quando invece non è ancora pronto perché ha bisogno di più tempo per stabilire una relazione sicura oltre la nostra.
Occorrerà regolare le richieste non solo in base alla sua crescita evolutiva e cognitiva, ma soprattutto emotiva, ossia la capacità di tollerare una certa frustrazione senza sentirsi sopraffatti.
7. L’importanza dell’ascolto
Quando si rimane in ascolto, è possibile accorgersi che alcune volte occorrerà rallentare il passo e ridimensionare le nostre aspettative e altre volte possiamo restituire fiducia nel bambino e nel fatto che può affrontare quell’esperienza che gli fa tanta paura.
Anche quando sembra che i bisogni del genitore e quelli dei figli siano inconciliabili in realtà non sono i bisogni che sono in contrasto ma le strategie che usiamo per rispondere ai bisogni che possono rivelarsi inefficaci.
C’è sempre una strada in cui è possibile accogliere i bisogni di empatia di entrambi.