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Dott.ssa Stefania Ravasi

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Ricordi: come e quando iniziano?

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Quanti ricordi…una frase solo per adulti o anche per bambini? La loro memoria è come la nostra? Quanto del proprio passato ricordano, e da che età cominciano a farlo?

Scopriamo insieme quali tipi di memoria caratterizzano la mente dei bambini e quanto ricordare sia importante per la loro crescita.

1. Ricordi: cos’è la memoria

La memoria è l’attività con cui si riproduce nella mente l’esperienza passata e di riconoscerla come tale e di localizzarla nello spazio e nel tempo; quindi, è un’attività molto importante per la crescita.

Ma quanto del proprio passato i bambini ricordano, e da che età cominciano a farlo, e la loro memoria è come la nostra?

In realtà, anche se può sembrare impossibile, già da neonati i bambini possiedono una qualche forma di memoria: apprendimento e memoria vanno di pari passo, se c’è una qualche forma di apprendimento, vi è anche una forma di memoria. Poiché il neonato è in grado di percepire e quindi di apprendere fin dei primi giorni di vita, pensiamo per esempio che fin dalle prime ore di vita i neonati sono in grado non solo di percepire la differenza tra i gusti acido-amaro-salto e dolce, ma soprattutto di discriminarli in termini di rifiuto e di gradimento, così che grazie alla sensazione di piacere o di disgusto “sanno” dove rivolgere la suzione e quindi come garantirsi il nutrimento utile a sopravvivere, bisogna ritenere che fin dall’inizio della vita dei bambini vi sia una qualche forma di memorizzazione.

2. La memoria nel periodo neonatale

Già nel periodo neonatale appaiono le caratteristiche di un sistema di memoria pienamente funzionale, che via via nella prima infanzia si espande rapidamente e accumula conoscenze sul mondo.

Tra i 4 e gli 8 mesi, infatti, il bambino ha imparato progressivamente a distinguere le persone familiari dalle altre, arrivando anche a provare reazioni di disagio e paura di fronte agli estranei, la cosiddetta paura dell’estraneo, sulla base di tracce mnestiche quindi sulla base della sua. Tutte queste precoci abilità trovano fondamento in prime forme rudimentali di memoria, una memoria automatica che ha consentito loro di immagazzinare in maniera inconsapevole quelli che vengono chiamati “schemi d’azione pratici” proprio perché questa memoria consente loro di mettere in atto riflessi e risposte utili per sopravvivere, come appunto il girare il capo verso il seno o il biberon o mettere in atto la sequenza di movimenti del gattonamento o della corsa per sfuggire a un pericolo e mettersi in salvo.

3. Memoria degli adulti e memoria dei bambini

Ma la memoria dei bambini non funziona come quella degli adulti: nel cervello delle persone adulte esistono due tipi fondamentali di memoria, quella a breve termine e a lungo termine, in cui nella prima risiedono tutte quelle informazioni che il cervello ritiene di poter, dopo un certo periodo di tempo, scartare e non immagazzinare nella memoria a lungo termine, in un’ottica di economia psichica quindi di lasciare spazio alle informazioni realmente importanti (come gli schemi d’azione pratici) che verranno memorizzati nella memoria a lungo termine.

Possiamo quindi dire che la MBT funziona un po’ come cassetto temporaneo in cui vengono riposti i ricordi nell’attesa di capire quanto siano da memorizzare nella MLT, una sorta di sala d’attesa: se non sono particolarmente rilevanti, verranno scartati, altrimenti verranno passati alla MLT.

Nei bambini, invece, non esiste la distinzione tra memoria a breve termine o lungo termine, ma c’è una memoria unica, in cui vengono immagazzinati solo i dati più pregnanti e fondamentali, rimuovendo tout court gli altri ricordi acquisiti nei primi anni.

Questo processo si chiama amnesia infantile e altro non è che la tendenza da parte del cervello a rimuovere i ricordi dei primi tre anni di vita, mantenendo comunque tutte le nozioni apprese che hanno permesso all’individuo il suo sviluppo e la sua crescita (camminare, parlare etc…), per lasciar posto a nuovi ricordi davvero importanti.

Quindi, se noi adulti siamo capaci di tenere per un certo periodo in memoria un’informazione futile, come per esempio il nome di una persona con cui abbiamo trascorso una serata a casa di amici, può essere che un bambino non sia in grado di farlo, a meno che in quell’occasione non si sia verificato nulla di troppo importante o pregnante a livello emotivo. Ecco perché in età infantile è del tutto normale rimuovere i ricordi, il cervello deve gestire una quantità enorme di informazioni e quindi seleziona quelle più importanti, in un continuo ricambio di dati.

3. Come contribuire allo sviluppo della memoria dei bambini

È dai a tre anni che cominciano a fissarsi nella memoria quei primi ricordi che resteranno vividi anche in età adulta, perché inizierà a formarsi una memoria a lungo termine.

Prima di questo momento, il cervello non ha ancora sviluppato la capacità di immagazzinare ricordi, ma solo informazioni utili.

A tre anni i bambini riescono a iniziare a rievocare stimoli in un compito di rievocazione libera, per esempio se alla sera chiediamo loro cosa hanno fatto alla mattina saranno in grado di raccontarlo, così come di rievocare dopo qualche mese che regalo a portato Babbo Natale, insieme ad altri numerosi ricordi di eventi della vita quotidiana anche di molti mesi prima.

A mano a mano che il piccolo cresce quindi, aumenta la capacità di ricordare fatti e informazioni, attraverso lo svilupparsi di una memoria episodica (ricordo di esperienze, cioè di eventi della vita che contengono dati specifici di momenti, luoghi ed emozioni) e in memoria semantica (ricordo di fatti) e incrementando l’abilità di prendere decisioni e di creare nuove idee.

Tra gli 8 e gli 11 anni le capacità di memoria diventano uguali a quelle dell’adulto, ma il loro funzionamento è ancora limitato a causa del minor bagaglio di conoscenze e del minor uso di strategie.

Nonostante sia normale una leggera diversità nelle età a cui si inizia a ricordare, molto dipende dagli stimoli ricevuti nel contesto familiare: i genitori possono contribuire allo sviluppo della memoria del piccolo attraverso l’uso di semplici strategie.

Primo fra tutti, i ricordi sono quasi sempre associati a delle emozioni. Per ricordare il bambino ha bisogno di esplorare, toccare, sentire… vivere gli eventi, non è sufficiente limitarsi a raccontargli che le cose esistono. E per aiutarlo a ricordare intensamente i momenti, potete ricorrere alla stimolazione sensoriale.

Quando ricordate qualche cosa con lui, potete accompagnare il vostro racconto con delle foto dei video, potete persino rievocare odori o sapori. Pensiamo a quanto dentro di noi il profumo dei biscotti appena sfornati possono riportarci indietro nel tempo con la memoria e toccare quasi con mano il ricordo della domenica mattina a casa dai nostri nonni.

Associare i ricordi a un’emozione al pari di un profumo, di un suono, di un’immagine, consente di fissarli in maniera più vivida nella sua memoria. Inoltre, ci sarà una doppia utilità, quella anche di imparare e favorire meglio l’esprimere le emozioni, anche quelle negative di rabbia, paura e tristezza.

Un’altra cosa che aiuta è proprio la narrazione, il parlare degli accadimenti. Lo sviluppo del linguaggio ha indubbiamente un ruolo significativo nel fissare i ricordi nella mente, perché il cervello fatica a codificare un ricordo prima di essere in grado di dargli un nome: ciò significa che è difficile immagazzinare ricordi nella memoria episodica se non si sa come catalogarli con un nome ad ogni cosa ed emozione.

Per ricordare infatti, è necessaria una struttura narrativa che consenta di raccontare l’esperienza e immagazzinare nella memoria quello che si è vissuto. Parlare con i bambini degli eventi della giornata o del passato favorirà quindi non solo lo sviluppo linguistico, ma anche la possibilità da esso derivante di memorizzare i ricordi, imparando a catalogarli anche linguisticamente.

D’altronde, anche noi adulti facciamo fatica a memorizzare qualcosa che non conosciamo. Il ricordo, insomma, può essere consolidato nel cervello grazie all’interazione che i genitori hanno con il loro bambino: parlando dell’evento, ricordandolo insieme e associandolo a un’emozione o a uno dei 5 sensi possono, creando un album dei ricordi in cui inserire man mano, insieme al bambino, foto e oggetti collegati ad un certo avvenimento, potrà trasformare un ricordo labile e passeggero in un ricordo impresso nella memoria, che diverrà un ricordo autobiografico ossia appartenente alla propria storia, fondamentale per rispondere alla domanda che tutti i bambini in modi e tempi diversi si pongono – chi sono io? – e dunque sviluppare una propria identità e personalità.

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Articolo realizzato da:
Dott.ssa Stefania Ravasi
Psicologa psicoterapeuta dell’età evolutiva
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