Gestire i propri stati emotivi di genitori ed empatizzare con noi stessi. Perché è importante e come fare? Scopriamolo insieme alla Dott.ssa Giuditta Mastrototaro.
1. Gestione delle emozioni: “perdere le staffe”
Una mamma mi ha scritto: “I miei figli mi fanno perdere la pazienza e finisco per urlare contro di loro. Cosa posso fare?”
Cara mamma,
dalle tue parole sento che sei preoccupata per quelle volte che “perdi le staffe” e vorresti trovare qualche strategia per affrontare al meglio queste situazioni.
Intanto vorrei rassicurarti che non sei sola. Molte volte noi mamme usiamo la voce alta per farci ascoltare, quando ci sentiamo arrabbiate, frustrate, sotto pressione, innervosite o semplicemente spazientite.
Sappiamo bene che non è la forma migliore per dire ciò che vorremmo e immagino che lo riconosci anche tu, nell’istante successivo in cui provi dispiacere per aver urlato.
2. Gestione delle emozioni: concentriamoci su noi stessi
Dentro ognuno di noi c’è la conoscenza di cosa è giusto però un conto è conoscere e un altro è riuscire a sussurrare invece di alzare la voce, proprio perché sussurrando è difficile esprimere rabbia.
Vorrei che provassi a riflettere sul fatto che non sono i tuoi bambini che ti fanno perdere la pazienza, ma semplicemente noi mamme possiamo essere stanche oppure facciamo fatica a comprendere i comportamenti dei nostri bambini o forse pensiamo che non ci ascoltino abbastanza.
Se per un momento ci fermiamo a concentrarci su noi stessi e prendiamo un respiro di consapevolezza riguardo ai nostri pensieri, che generano le nostre emozioni, questo farà una grande differenza.
Gestione delle emozioni: hai provato con un diario?
Per me è utile tenere un diario, potrebbe essere lo spazio in cui annotare semplicemente i momenti in cui ti capita di arrabbiarti e alzare la voce e poi in un momento più tranquillo potresti chiederti:
Quale giudizio stavo dando a me stessa o a mio figlio o a mia figlia nel momento in cui ho scatenato il mio urlo? Che cosa provavo? Di che cosa invece avevo bisogno? Riesci a provare empatia per te e per come ti sei sentita in quel momento?
3. Gestione delle emozioni: porsi le domande giuste
Passare dalla domanda: “Dove ho sbagliato?” alla domanda: “Cosa è successo?” rimanendo centrati sul problema e non ripiegati su se stessi. Ciò aiuta a cercare nuove strade e nuovi mondi interpretativi. Le barriere più grandi sono dentro di noi.
La perfezione non esiste e non a caso Bruno Bentlheim parlava di “genitore quasi perfetto” e Donald Winnicott di “madre sufficientemente buona”.
Se proviamo ad ascoltare con amore le nostre vulnerabilità di madri, sarà più facile riuscire a farlo anche nei confronti dei nostri figli. Questo vale sia per gli aspetti più sensibili, che non accettiamo in noi stessi e sia per gli aspetti più efficaci che invece accettiamo.
Se riuscissimo a vederci proprio così come siamo, potremmo andare oltre i ruoli che assumiamo nella vita: la mamma, la maestra, la libera professionista.
4. Gestione delle emozioni: spazio all’empatia
Potremo vedere l’autenticità di noi stessi e assumerci la responsabilità dei nostri bisogni e dei nostri sentimenti.
Molto spesso pensiamo che per cambiare dobbiamo rifiutare quella parte di noi che non ci piace e forse ci abbiamo provato ma abbiamo sperimentato che finiamo lo stesso per urlare.
In realtà, non è rifiutando noi stessi che ci allontaniamo da quelle parti di noi che non ci piacciono, ma è avendone compassione.
È nello spazio di empatia per noi stessi che possiamo accettare le parti di noi più vulnerabili e farci pace. È coltivando la pace, che possiamo non alimentare la rabbia.
5. Gestione delle emozioni: 4 consigli
Per fissare alcuni concetti di empatia per noi stesse (e avere una migliore gestione delle emozioni) è bene:
- Prendere consapevolezza che non sono i nostri figli che ci fanno arrabbiare ma le nostre interpretazioni su cosa dicono o fanno e queste interpretazioni se vogliamo le possiamo cambiare, in una chiave più empatica che può farci tutti stare meglio.
- Riconoscere di essere persone umane e non mamme perfette.
- Restare nello spazio di accettazione delle nostre vulnerabilità, ci da l’opportunità di cambiare e non certo nel giudizio o nella critica a noi stessi.
- Saper chiedere scusa ai nostri figli, per il modo con cui esprimiamo i nostri bisogni e per darci la possibilità di riprovare meglio.
6. Conclusioni
L’empatia, la vulnerabilità, il saper chiedere scusa e la visione dell’errore come un passo valicabile sono tutti valori che stiamo trasmettendo ai nostri figli, attraverso il nostro esempio.
Il potere, quello vero, non è sugli altri, ma su di sé. Essere empatici, accoglienti vuol dire in primis essere empatici con tutte le parti di noi stessi, quelle che ci fanno sentire forti e sicuri e quelle che ci fanno sentire indifese e vulnerabili. Nessuno di noi è wonder woman abbiamo tutte accumulato nella nostra storia, dolcezza e durezza, sicurezza e debolezza.
Essere empatici non vuole dire ingoiare o nascondere i nostri aspetti più sensibili, come se non ci fossero, ma accettare e accogliere la nostra vulnerabilità, ascoltandola, scoprendo che ha un senso, che ci sta dicendo qualcosa.
Urlare allora diventa l’ultimo dei segnali di un viaggio che possiamo fare dentro di noi, per scoprire i nostri bisogni e prendercene cura.